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Amazon licenzia i dipendenti in base alle informazioni generate da un algoritmo

Scatola di Amazon
Scatola di Amazon

Un algoritmo non può decidere il futuro di una persona

Amazon licenzia i dipendenti in base alle informazioni generate da un algoritmo.

Speriamo che tra qualche anno un algoritmo non decida chi deve essere nostra moglie 🙂

Tempo di lettura 5 minuti

Oggi parto da un articolo che ho appena letto su “il Fatto Quotidiano” che potete leggere a questo link Amazon, “dipendenti licenziati in base all’algoritmo che misura la produttività”

Riporto testualmente il primo paragrafo dell’Articolo “Il sito americano The Verge pubblica la lettera di un avvocato della società che ammette come sia una macchina a generare “automaticamente eventuali avvisi o risoluzioni riguardanti la qualità o la produttività”. In base ai “tassi di produttività” siano stati licenziati “centinaia di lavoratori” dello stabilimento di Baltimora, negli Stati Uniti”.

In questo blog ho scritto diversi articoli che mettono al centro la persona, i nostri collaboratori, le persone che in Azienda, insieme a noi, ogni giorno, investono il loro tempo e le loro energie per “far andare bene le cose”.

Danno il loro contributo importante affinché i clienti siano contenti e soddisfatti dei prodotti e servizi ricevuti.

Chiarisco subito che la mia posizione non è a favore di tutti coloro che scaldano la sedia, oppure fanno “giusto il necessario per tirare sera” o “guadagnarsi con il minimo dello sforzo la pagnotta”.

Ma è ben diverso quando la produttività di una persona viene misurata esclusivamente da un algoritmo, sostanzialmente da una formula matematica.

Già questi benedetti algoritmi stanno gestendo la nostra vita. Basti pensare che sono quelli che decidono quali contenuti leggere sui motori di ricerca e sui vari social.

Ma che ora agli algoritmi venga affidato il futuro di una persona mi sembra veramente eccessivo. Perché è di questo che stiamo parlando. Un collaboratore licenziato può voler dire una famiglia economicamente in crisi.

Portando all’estremo questo concetto, possiamo supporre che tra vent’anni, quando la popolazione mondiale avrà sorpassato il limite della sostenibile dal pianeta, un algoritmo deciderà chi potrà vivere e chi dovrà morire.

Non posso accettare che un’Azienda, nelle proprie valutazioni nei confronti di un collaboratore, non tenga conto del fattore umano.

Di quante volte quella persona è venuta in Azienda, per amore del proprio lavoro, anche se non stava bene. Certo magari dal punto di vista matematico il suo rendimento è stato un poco inferiore alla media, ma era li. Dava il suo prezioso contributo.

Oppure quella volta che, incontrando un responsabile, gli ha comunicato un’idea per migliorare il processo produttivo. Che valore aveva quell’idea? E quanto è stato pagato per aver contribuito al successo dell’Azienda. Immagino nulla.

Oppure quella volta che, al bar, che ha sentito screditare il Marchio per il quale lavorava ed ha quasi fatto a botte pur di prenderne le difese.

Questo accade perchè ti senti parte di un qualcosa di grande, perché l’imprenditore ha avuto la capacità e la lungimiranza di condividere con te il suo sogno.

Quindi non possiamo affidare ad una formula matematica chi va bene per la nostra Azienda oppure no.

Certo una componente di controllo è assolutamente importante. Da una decina d’anni le Aziende utilizzano programmi di Time Management per gestire le commesse. Altre misurano la produttività in catena di montaggio. Altre ancora le performance dei venditori etc.

Ma il fattore umano è sempre fondamentale. Quella persona può avere acquisito dei meriti nel tempo. E se per mille motivi sta affrontando un periodo no della sua vita (chiaramente parliamo di un breve periodo non di anni) deve essere capita, sostenuta, aiutata.

Perché il capitale umano resta l’elemento differenziante. Anche per un’azienda come Amazon che si occupa di logistica.

Cito un passo del Manuale Vendite della Mind Business School di OSM.

“..il valore di un’idea imprenditoriale oggi è determinato dalla qualità delle persone che l’hanno sposata. Migliore è la qualità delle persone che fanno propria l’idea sviluppata dall’imprenditore, maggiore sarà il valore generato dall’Impresa.”

Quindi la responsabilità di tutto quello che avviene in Azienda è sempre dell’Imprenditore.
Non posso pensare che un collaboratore di Jeff Bezos (Ceo e Founder di Amazon), non si sia preoccupato di capire come mai queste persone avevano avuto un calo di produttività.
Magari avrebbe scoperto che l’aria condizionata dei locali dove lavoravano non funzionava, oppure che le macchine non giravano nel modo giusto….

Non dico assolutamente di giustificare tutto quello che avviene in Azienda. Non dico di tollerare le cose che non vanno.

Ma affermo con totale convinzione e consapevolezza che l’Imprenditore e tutti coloro che hanno cariche manageriali, hanno la responsabilità di capire che cosa non va nelle persone che lavorano con loro. Quali sono i reali motivi. Come fare per aiutarle ad uscire da un periodo no.

Se una persona è fortemente motivata, se si sente parte di qualcosa, può fare la differenza anche quando ha capacità tecniche inferiori alla media dei suoi colleghi. La motivazione fa fare grandi cose.

Se vuoi saperne di più sul mio pensiero ti invito a leggere questa pagina “Spiritual Business“.

Donato Cremonesi

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