Il marketing alla Homer Simpson: ecco cosa (non) fare assolutamente
Homer Simpson: uno strano personaggio attraverso il quale parlare di marketing. Se non sei fan della serie cartoon cult degli ultimi 30 anni, ti do due dritte relativamente al personaggio.
Homer, il capofamiglia Simpson, è un uomo molto particolare. Nella sua vita procede sempre alla cieca, facendo tutto quello che gli passa per la testa, senza filtrare nulla. Ogni puntata è una nuova avventura, spesso data proprio dalle problematiche che lui stesso crea a sé stesso e agli altri personaggi, senza sapere in che modo uscirne. Lo stesso Homer, tempo fa, aveva provato ad essere uomo di maketing… Ovviamente il tutto si è concluso cestinando i libri da lui acquistati.
Ma perché utilizzare un personaggio così strano e scostante per parlare di strategia di marketing? Semplicemente perché Homer ci può spiegare come non fare marketing strategy.
Andare a sensazione
Questo fa parte del carattere di Homer. Come dicevamo poco sopra, il capofamiglia Simpson è un personaggio molto scostante, che si fida delle sue sensazioni e persegue i suoi obiettivi in base al mood del giorno.
Quando ci si avvicina al marketing strategico è fondamentale evitare le homerate. È sempre meglio affidarsi ai dati, perché aiutano a non farti mai perdere i punti di riferimento.
Comprendere dove si desidera arrivare è la prima cosa e per farlo bisogna impostare degli obiettivi certi. Il fine di una strategia di marketing non è solo la crescita del fatturato: questa è una cosa che tutti desideriamo. Applicare una strategy significa individuare gli step intermedi necessari alla propria crescita, individuando quindi degli obiettivi chiari e misurabili.
Ecco perché non puoi andare a sensazione, questo può essere deleterio per la tua azienda sul lungo periodo.
Se piace a me, piace a tutti
Homer è anche un po’ egoista: pensa sempre prima a sé stesso e poi agli altri.
Quando si parla di comunicazione online, non è detto che se piace a te, sarà così anche per il tuo pubblico di riferimento. Il tuo target non necessariamente si identifica nei tuoi gusti, nei tuoi interessi e nel tuo modo di parlare.
Prima di approcciarti ad una qualsiasi strategia di marketing, e dopo aver impostato i tuoi obiettivi, devi conoscere il tuo target. A chi è adatto il tuo prodotto? E non rispondere “a tutti” perché nessuno può parlare a tutto il mondo.
Donne? Uomini? Mamme? Papà? Ragazzi single?
Con chi vuoi comunicare? In base a questo andrai poi a definire il giusto tono di voce ed i canali utili ad intercettare i tuoi potenziali clienti… Che non necessariamente sono quelli che utilizzi tu di solito.
L’importante è che se ne parli
Altro errore tipico di Homer: l’importante è far parlare di sé, nel bene o nel male. Ecco, questo non funziona.
I social network ed il web hanno contribuito a creare un potere editoriale diffuso: tutti possono dire la propria opinione in qualsiasi momento. Ed il bello, anzi, il brutto è che il web non perdona… Mai.
Uno scivolone può essere deleterio per il sentiment che ruota intorno ad un marchio. Cambiare la percezione da positiva a negativa non va bene, perché in questo modo potrebbe crollare la reputazione, oltre che le vendite.
Il caso Uliveto, qualche tempo fa, ha fatto molto parlare di sé. C’è chi ha accusato il brand di essere razzista, chi semplicemente ha pensato che il “grafico stagista” avesse commesso qualche errore. Insomma, la Uliveto per festeggiare il secondo posto ai Mondiali di pallavolo ha creato una grafica di dubbio gusto. Questo errore ha portato ad un fioccare di recensioni e commenti negativi sulla loro pagina aziendale, creando quindi una pessima reputazione online.
Certo, su un brand come Acqua Uliveto la cosa poco conta. Ma ci immaginiamo se una cosa del genere dovesse capitare ad un’attività locale? Sarebbe un disastro di dimensioni immense, ecco perché l’importante non è che se ne parli. L’importante è trasmettere i giusti messaggi al giusto pubblico.
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